mercoledì 8 settembre 2010

I nostri impegni con la Libia

Rapporti bilaterali
L’agenda italo-libica dopo la visita di Gheddafi
Natalino Ronzitti
08/09/2010

La visita di Gheddafi in Italia è stata accompagnata dal solito strascico di polemiche, che hanno avuto per oggetto soprattutto il comportamento folcloristico del Colonnello, con tanto di lezioni di Corano a hostess reclutate da un’agenzia romana e tentativi di effettuare conversioni all’Islam. Ma, al di là degli strappi al protocollo, già ampiamente commentati dalla stampa quotidiana, la celebrazione del secondo anniversario della firma del Trattato italo-libico di Bengasi del 2008 invita a fare un bilancio e ad esaminare le prospettive future. Anche perché se i protagonisti cambiano, i trattati restano e sono fatti per durare, tanto più che il documento che ha posto fine al contenzioso italo-libico non è un semplice scambio di note, ma un “Trattato di amicizia, partenariato e cooperazione”.

Eccesso di zelo
Per chiudere definitivamente il contenzioso con la Libia, l’Italia ha pagato un prezzo molto alto sia in termini morali sia in termini monetari. Ha condannato senza mezzi termini il passato coloniale e ha offerto un risarcimento non dovuto, poiché il colonialismo e i maltrattamenti nei confronti delle popolazioni libiche non costituivano al momento e durante l’occupazione coloniale un illecito e tanto meno un crimine internazionale.

Da parte italiana è stata pronunciata la parola fine, ma non altrettanto è stato fatto da Gheddafi, che nel discorso interminabile dal palco della caserma di Tor di Quinto si è lanciato in una filippica contro il colonialismo italiano. Il che è francamente irritante. Si tratta di un capitolo chiuso, materia per gli storici, che non dovrebbe essere riaperto ad ogni occasione, come ha fatto Gheddafi anche ad Addis Abeba nel 2009, in qualità di presidente di turno dell’Unione Africana, quando ha invitato i paesi africani a chiedere un risarcimento per l’occupazione coloniale europea. Ma la generosità italiana è ben lungi dal costituire un precedente determinante secondo il diritto internazionale!

Compatibilità con gli impegni Nato
Il Trattato di Bengasi contiene clausole politiche e di sicurezza importanti, che riguardano sia l’Italia sia i suoi alleati. È definitivamente fugata l’idea che il Trattato contenga clausole incompatibili con la Nato. Anche l’art. 4 sull’obbligo di non mettere a disposizione i rispettivi territori per qualsiasi atto ostile nei confronti dell’Italia o della Libia è in linea di principio perfettamente compatibile con i nostri impegni nell’Alleanza atlantica. Si aggiunga che la Libia fa parte dell’intesa 5+5, che riunisce cinque paesi della riva Nord e cinque di quella Sud del Mediterraneo: è un quadro di cooperazione non molto conosciuto, ma che viaggia sui binari giusti.

Tra l’altro la Libia è entrata a far parte della Proliferation Security Initiative (Psi), un’iniziativa promossa dagli Usa contro la diffusione delle armi di distruzione di massa cui partecipano numerosi Stati, fra cui la Federazione Russa. Il Trattato prevede una clausola sulla collaborazione nel settore della proliferazione delle armi di distruzione di massa e del disarmo. Non risulta che la negoziazione di tale clausola sia stata adeguatamente meditata, ma essa potrebbe tornare utile qualora nel 2012 si riunisse la conferenza per istituire una zona priva di armi di distruzione di massa in Medio Oriente auspicata dall’VIII sessione della conferenza di riesame del Trattato di non proliferazione nucleare (Tnp).

Gheddafi, nel discorso di Tor di Quinto, ha fatto accenno al Mediterraneo come mare aperto solo alle flotte dei paesi rivieraschi. Quindi niente VI flotta americana! Una vecchia idea sovietica, che non trova nessun appiglio nel Trattato e andrebbe adeguatamente rintuzzata.

Vantaggi economici
A quanto pare la collaborazione più promettente è nel campo economico e commerciale. A leggere i rapporti della Camera di Commercio italo-libica l’interscambio è cospicuo e sono in via di definizione gli appalti per l’autostrada costiera in Libia, finanziata con parte dei 5 miliardi di dollari da versare in 20 anni alla Libia. Ne beneficeranno le nostre imprese che dovranno realizzare le opere previste. La preferenza per le imprese italiane, che non è incompatibile con le regole comunitarie, è attuata anche in altri settori e sta dando i suoi frutti.

Le recenti polemiche sull’acquisto libico di azioni di Unicredit sembrano dovute più a beghe di politica interna (italiana), che a effettivi pericoli per la direzione strategica del gruppo. Come ha fatto notare lo stesso Presidente della Banca centrale europea (Bce), con un’allusione abbastanza trasparente, i mercati e la finanza sono ormai globalizzati e sarebbe assurdo fissare dei paletti. L’Eni è ben radicata da tempo e le concessioni off-shore alla BP, che tra l’altro aprirebbero inquietanti scenari per l’inquinamento marino, sono per ora congelate.

Immigrazione e diritti umani
Il punto dolente resta quello dell’immigrazione clandestina e dei rapporti con l’Unione europea, con tutto ciò che ne segue per quanto riguarda la protezione dei diritti umani. Gli accordi italo-libici sul contenimento dell’immigrazione e sul respingimento in mare stanno funzionando e gli ingressi via mare dalla Libia sono diminuiti in maniera significativa. L’Italia ha sostenuto una parte dei costi e si è impegnata in tal senso anche per quanto riguarda il controllo alle frontiere terrestri.

Ora Gheddafi ha alzato la posta ed ha chiesto all’Ue cinque miliardi di dollari per fermare il traffico di clandestini e impedire che l’Europa diventi “nera”. La richiesta è stata immediatamente bollata come bizzarra, ma tanto peregrina non è. L’Ue è impegnata in un dialogo con la Libia sull’immigrazione illegale fin dal 2004 e i libici hanno chiesto l’anno scorso un miliardo di dollari all’Ue per acquisire la tecnologia necessaria per far fronte all’immigrazione. Evidentemente hanno aumentato la richiesta in vista delle trattative per un accordo quadro Ue-Libia apertesi nel novembre del 2008.

La situazione dei migranti respinti e di quelli dei detenuti nei centri libici desta preoccupazione. Una delegazione del Comitato parlamentare di controllo sull’attuazione dell’Accordo di Schengen si è recata a Tripoli nel maggio scorso ed ha visitato il centro di raccolta degli immigrati. Il Trattato di Bengasi, che richiama la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, dovrebbe essere la base per spingere la Libia a ratificare la Convenzione di Ginevra sui rifugiati del 1951. L’accordo quadro Ue-Libia dovrebbe ispirarsi al rispetto dei diritti umani, diventato imprescindibile, specie dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.

Per tutta risposta la Libia ha intimato al locale ufficio dell’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (Unhcr) di lasciare Tripoli. A quanto sembra, la decisione è stata sospesa e all’Unhcr è stato consentito di riprendere l’attività. L’Italia e l’Ue dovrebbero insistere per un sistema di monitoraggio conforme agli standard europei (ad es. quelli stabiliti dal Comitato europeo contro la tortura del Consiglio d’Europa).

Pesca e confini marittimi
Durante la visita romana del Colonnello si è sentito parlare di una futura cooperazione nel campo della pesca. In effetti, il Trattato di Bengasi prevede una disposizione per la cooperazione in tale settore. Ma la negoziazione di accordi di pesca sono di competenza dell’Ue e dovrebbero rientrare nell’accordo quadro in corso di negoziazione. Lo spazio riservato agli stati membri è piuttosto angusto e riguarda la delimitazione dei confini marittimi. A questo proposito sarebbe opportuno che la Libia ratificasse la Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare e un’iniziativa in tal senso dovrebbe essere intrapresa tanto dall’Italia quanto dall’Ue. Il problema dei confini marittimi con la Libia, specialmente per la definizione della piattaforma continentale, è ancora aperto.

Il Trattato di Bengasi prevede anche una collaborazione parlamentare. La Libia non ha una costituzione ed il Congresso Generale del popolo non può essere definito un interlocutore valido per il nostro parlamento. Le notizie sul prossimo varo di una costituzione si susseguono da anni, senza un nulla di fatto. Non si tratta di “esportare la democrazia”, concetto che sembra ormai superato, ma di favorire riforme costituzionali nell’interesse sia dell’Italia sia dell’Ue, Anche per non ridurre i rapporti al solo mondo degli affari.

Tra le manifestazioni per l’anniversario del Trattato di Bengasi ha avuto luogo un convegno che si è risolto in un paio d’ore e che ha visto una partecipazione limitata, anche a causa delle vacanze estive. Degli esiti del convegno poco si conosce. Visto che il Trattato prevede una collaborazione tra università e istituti di ricerca, non sarebbe opportuno predisporre, con adeguata preparazione, un convegno scientifico sullo stato di attuazione e le prospettive del partenariato italo-libico?

Natalino Ronzitti è professore ordinario di Diritto Internazionale nella Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Luiss “Guido Carli” di Roma e consigliere scientifico dell’Istituto Affari Internazionali

Vedi anche:

B. Nascimbene: I respingimenti e i rapporti Italia-Ue

N. Ronzitti: Come risolvere la controversia sulla pesca tra Italia e Libia

N. Ronzitti: Luci e ombre del Trattato tra Italia e Libia

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