Roma 19 novembre 2010, red Nena news – Il Parlamento tunisino, come tutti prevedevano, ha votato lo scorso 15 giugno, l’emendamento dell’articolo 61 bis del Codice penale. Qualsiasi tunisino o tunisina voglia avere relazioni dirette o indirette con “istituzioni” o “organizzazioni” straniere, potrà essere arrestato dai 5 ai 12 anni. 

Una legge scellerata e liberticida, che ha due obiettivi, reprimere ancora di più le figure indipendenti, quelle donne e quegli uomini che ad oggi sono già visti come “pecore nere”, perché si oppongono ad un regime contro il quale non è possibile alcun dissenso e alcuna critica. Con l’emendamento del 61 bis, li si vuol far passare come oppositori degli interessi vitali della Tunisia, nemici del paese. Il secondo è ridurre definitivamente al silenzio tutte le critiche che si levano contro la gestione politica catastrofica del governo, ridurre al silenzio le associazioni che lottano per i diritti umani. Quindi criminalizzare ogni attività di sensibilizzazione condotta dai difensori dei diritti umani nei rapporti tra UE e Tunisia. 

Dal 1995, nel quadro della cooperazione regionale e del Processo di Barcellona, la Tunisia ha siglato con l’Unione Europea, un accordo di associazione che consente agevolazioni e istituisce una zona di libero scambio. Nel 2004, ha inoltre siglato un Piano di Azione PEV, in cui si è detta pronta a cooperare con l’UE sulla base di valori comuni, rispetto dei diritti umani e democrazia. Tunisi acquisirebbe cioè lo status di partner avanzato dell’Unione (status che al momento solo il Marocco ha ottenuto, tra i paesi dell’area del Maghreb) impegnandosi a rispettare i diritti umani e le libertà fondamentali in conformità con la Carta delle Nazioni Unite e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Ma nessuno di questi impegni si è concretizzato e anzi il governo tunisino ha continuato a violare sistematicamente la maggior parte dei diritti umani e dei principi democratici. 

“Ne è stata una dimostrazione la campagna pre-elezioni presidenziali e legislative, nel 2009, ancora una volta segnata dalla censura e dal totale degrado delle libertà pubbliche. La vigilia delle elezioni, che hanno visto la presa del potere ancora una volta di Ben Ali, è stata caratterizzata da una dura battaglia contro qualsiasi voce critica nei confronti delle autorità. “ dice Kamel Jendoubi, presidente del REMDH (Euro-Mediterranean Human Rights Network), associazione che a settembre ha presentato un dettagliato rapporto sulle relazioni tra Tunisia e UE, in materia di diritti umani e sottolineando proprio l’incoerenza delle politiche europee di fronte alle violazioni perpetrate da Tunisi. 

Gli spazi per esprimersi, giornali, televisioni, spazio pubblico, diritto a manifestare, si sono ancora di più ristretti,in un paese in cui il Presidente Ben Ali, al potere dal 1987, ha ottenuto un quinto mandato con il 89,6% dei voti, mettendo a tacere qualsiasi forma di dissenso o critica.

 E l’emendamento del 61 bis è stata la ciliegina sulla torta di questa  politica repressiva. Dato che l’ emendamento, vuole colpire giornalisti, difensori dei diritti umani, associazioni, sindacalisti e avvocati che nonostante la dura politica repressiva, hanno continuato a denunciare le gravi condizioni in cui versano i diritti umani in Tunisia. “Non crediamo che la UE abbia utilizzato tutti i mezzi in suo potere per assicurare la promozione e la protezione dei diritti dell’uomo in Tunisia. La UE dovrebbe dare prova di fermezza nelle relazioni con la Tunisia e esigere, nel quadro delle negoziazioni attuali, un nuovo piano di azione che includa riforme, per la garanzia della libertà di stampa e di associazione effettiva delle ONG, dei sindacati e delle organizzazioni professionali.”

Il rapporto redatto da REMDH mostra un’altra faccia della Tunisia, lontana dai tavoli dei negoziati UE: un paese dove le autorità hanno commesso sistematiche violazioni delle libertaà e dei diritti, ignorando il principio di democrazia. 

Dall’8 al 10 novembre una delegazione di organizzazioni tunisine indipendenti per la difesa dei diritti umani, organizzata da REMDH, è stata in Italia, per incontrare associazioni, parlamentari italiani e stampa e raccontare “l’altra Tunisia”. Quella che si nasconde dietro il paradiso turistico, meta di tanti italiani per le vacanze. Tre giornalisti, due avvocati, la portavoce delle Donne democratiche e altre rappresentati di associazioni femministe hanno sottolineato in una conferenza che si è tenuta presso il Senato a Roma, la scorsa settimana,  “ la necessità di rettificare un’immagine incompleta dello stato della democrazia in Tunisia”. “Ogni giorno che passa la situazione peggiora – dicono i rappresentanti  della delegazione – lo spazio di cui si dispone è sempre più ridotto. E se una volta era lo spazio pubblico ad essere interdetto, oggi lo è anche lo spazio privato.” Dipingono una Tunisia “in ostaggio della democrazia occidentale”.

Perché se è vero che dal punto di vista costituzionale, dei diritti delle donne e anche su un piano economico, la Tunisia  è uno dei paesi più avanzati del Maghreb, è anche vero che nasconde un’altra faccia, altrettanto importante perché comporta il futuro del paese. “E le riforme di liberalizzazione economica e politica del paese – sottolinea il Professor Sabatino, dell’Università Roma Tre di Roma, presente all’incontro – sono state contrabbandate come riforme di libertà tout court. Le libertà economiche sono al contrario ulteriori strumenti di accresciuta pressione o annientamento degli spazi di libertà.” 

Anche l’ultimo dossier realizzato in seguito alla missione , tra aprile e maggio 2010, dal Gruppo di osservazione sulla Tunisia (TMG) dell’Ifex, pur concentrandosi sulla manipolazione del sistema giudiziario, mette in luce un preoccupante deterioramento del rispetto dei diritti umani, in tutti i campi della società pubblica: chiusura di giornali, arresto e repressione durante le manifestazioni, intimidazioni contro i sindacati, processi farsa. Nena News 

Il rapporto sulle relazioni tra Tunisia e UE redatto da REMDH può essere letto, in francese e inglese, al seguente link:

http://fr.euromedrights.org/index.php/news/emhrn_releases/61/3962.html