mercoledì 11 agosto 2010

Cosa direbbe Oriana Fallaci? Purtroppo...

Vergogna a Ground Zero


Chissà cosa direbbe Oriana Fallaci in merito alla costruzione del centro islamico di New York, un palazzone da tredici piani con moschea e centri sportivi a due passi dal cratere di Ground Zero. Se la più grande e celebre scrittrice italiana minacciò di far saltare in aria con la complicità degli anarchici la moschea di Colle Val d’Elsa, come minimo progetterebbe un attentato atomico in questa circostanza. Congetture  ed ipotesi a parte, la scelta del luogo dove edificare il cuore della comunità musulmana newyorkese lascia stupefatti. Indubbia provocazione, è ovvio, e spiace che Bloomberg, Sindaco della Grande Mela, plauda all’iniziativa dell’imam locale, tale Feisal Abdul Rauf, definendola “vittoria sui terroristi”. Non si capisce bene in cosa consista questo presunto successo.


Ci sono luoghi intoccabili, spazi che raccontano la storia. Quel cratere, con tutte le migliaia di vittime che ha inghiottito una mattina di settembre di quasi un decennio fa, è lì a rappresentare lo sfregio alla vita umana che terroristi imbevuti di fanatismo e Corano praticarono radendo al suolo il World Trade Center. La costruzione di una moschea è vista dai musulmani come una vittoria decisiva sugli infedeli nella marcia islamica per il raggiungimento della sottomissione di tutti gli altri all’Islam ed alla Sharia. A dirlo non siamo noi, ma Wafa Sultan, psichiatra siriana autrice di un libro dall’emblematico titolo “The God that hates”. E questo dovrebbe bastare a far riflettere. La politica delle mani tese prosegue senza sosta, nonostante gli sputi ricevuti e le batoste prese. I parenti delle vittime sono sul piede di guerra, la popolazione della città pure. “E’ come se i tedeschi aprissero una società corale dedicata a Bach vicino ad Auschwitz. Anche se sono passati tanti anni, sarebbe giudicata un’iniziativa mostruosa, spiega qualcuno che ha votato contro l’abnorme progetto da cento milioni di dollari.


Nessuno vuole togliere ai musulmani i loro luoghi di preghiera, né negar loro il diritto ad adorare il loro dio. Ciò sarebbe impossibile nella culla della democrazia moderna, da sempre rifugio di tutti i perseguitati per la loro fede religiosa. Viene però spontaneo chiedersi perché proprio lì, in quel luogo simbolico. E’ un insulto ai tremila morti senza colpa alcuna. E’ sacrificare quei corpi straziati sull’altare di un patetico ed utopico volemose bene. Un fallimento annunciato.


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